mercoledì 30 aprile 2014

Frammenti di un sentimento materno.

Il sentimento materno è un comune sentimento - ciò che viene percepito dai sensi - che si propaga agli organi interni: il cuore, lo stomaco, il fegato. 

Stilnovismo.
BabyP è la bambina più bella del mondo, copula tra la terra e il cielo. Ha capelli che odorano di miele e occhi che splendono come la stella del mattino. Tra le scapole due piccole ali.




Asfissia.
Mi manca l'aria, la respira tutta lei.

Follia.
Saliamo in macchina, furtive. Ascoltiamo La bella tartaruga per un'ora e mezza mentre l'autostrada fila via; metto la mano fuori dal finestrino a fare resistenza contro l'aria. Arriviamo, corriamo. Siamo sulla punta del molo, è come stare in mezzo al mare. Lo guardiamo, il mare, è come stare in mezzo alla felicità. Risaliamo in macchina, la musica, l'autostrada. Metto la mano fuori dal finestrino: vola sopra il mare.





Proprietà privata.
- Cosa vuoi fare da grande?
- La ballerina.
- Nooo.
- Il muratore.
- Nooo.
- La fatina.
- Nooo.
- Come mamma.
- Sììì!


Desiderio.
La filosofia è desiderio di ciò che ci manca: c'è un'assenza nella presenza, c'è qualcosa che sfugge sempre perché resiste al possesso.
I segreti che sussurra nelle orecchie lunghe di Titti il coniglietto.
La sua risata da cartone animato, immotivata strampalata senza fondamento.
I baci che dà, che non dà, Sei bruttissima, Sei bellissima, Ma perché sei la mia mamma?





Solitudine.
Sono incapace di starmene nella stanza da sola, con babyP. Ci sono troppe domande, troppi desideri, troppi baci che dà e non dà, troppi baci che mi immagino.
È una solitudine che si gonfia nella stanza, in gola, nell'anima. A volte, esplode come un palloncino.

Io-ti-voglio-bene.
Barthes diceva che l'io-ti-amo è un'azione. Dico io-ti-amo perché l'altro risponda io-ti-amo in forma completa, affermativa, senza divagare.
- Io-ti-voglio-bene.
- Io-vojo-bene-a-me.


giovedì 3 aprile 2014

Mutande e pensierini bellissimi.

"Io no riescio a mettere le mutande. Come riescio a fare io bene?"
BabyP è tutta presa dalle virtù, quelle grandi e quelle piccole, come l'infilare le mutande con nonchalance

Nel mondo greco la virtù era un'eccellenza nel fare qualcosa, dapprima sotto forma di dono divino riservato agli eroi e poi, a partire da Socrate, a disposizione di tutti gli uomini in cambio di fatica e conoscenza.
I filosofi greci tendevano a identificare la virtù con la ragione: si riesce a fare bene, anzi benissimo, quando si esercita la ragione, in maniera attiva e autonoma. Per eccellere la ragione ha bisogno di tenere a bada le passioni, di indurle in coma farmacologico, in particolare quelle che non servono a nulla: l'ansia, per esempio.

BabyP è così presa dal gareggiare con le sue mutande che passa il tempo a sfilarle e provare a rinfilarle. Parla solo di mutande: un'ermeneutica delle mutande.
Stamattina è arrivata con due mutande sui polsi - dei grandi braccialetti a pois -, un paio per gamba e un ultimo paio con le farfalle calcato sulla testa, vezzoso.
Le mutande sono il suo peso dell'esistenza, quei chili in più che zavorrano l'anima. 





Io, in prima elementare, volevo scrivere dei pensierini bellissimi, i pensierini più belli di tutte le prime elementari del mondo. Coltivavo una notevole ansia nei confronti delle parole che possedevo - erano così poche, misere, infantili - e mi misi in testa d'imparare a memoria tutti i lemmi del dizionario per stupire la maestra con paroloni illuminati. Ne memorizzai alcuni e li fissai a casaccio sul foglio con la doppia riga: esecrare, brumoso, miasmi.

L'ansia, che i filosofi chiamavano angoscia - un termine più chic, più esistenziale - è la cartina da tornasole dell'essere umani, finiti, imperfetti, con le capacità monche. È una passione tenera, che la ragione guarda con compassione: vogliamo solo essere esseri con le mutande infilate bene e pensieri bellissimi, tutto qua.